
RITRATTI DI DONNE, DI ACCOGLIENZA E DI ASCOLTO
Madri, figlie, spose, sorelle, amiche o compagne, ma donne.
Anzi, ma-donne. Le ‘mie’ donne sono così: moderne paladine degne di rispetto e onore, meritevoli d’omaggio.
Il mio, di omaggio, è fotografico:
ritratti di donne, ritratti di madonne.
Etimologicamente il termine madonna deriva da ‘mia donna’, che era appellativo cortese e titolo onorifico utilizzato anticamente in segno di rispetto e di omaggio.
Non solo. Nell’uso poetico indicava la donna amata.
Rispetto, cortesia, omaggio; amare e onorare.
Che bell’insieme significativo di riferimento!
Che bel contesto in cui ambientare un ritratto.
Proprio oggi*, forse, c’è bisogno di un nuovi ritratti di donne.
C’è bisogno di sostenere un’immagine articolata della donna, capace di abbracciarne la complessità.
C’è bisogno di sostenere. E c’è bisogno di abbracciare.
Al di là degli stereotipi, dei pregiudizi, delle aspettative delle pre-visioni, c’è bisogno di fermarsi, sostare nell’attimo e ascoltare.
Ascoltare davvero, intendo.
Non si tratta di udire semplicemente ciò che l’altro ha da dire.
Non si tratta neppure di ascoltare unicamente le parole che pronuncia.
Si tratta – in realtà – di accogliere l’altro nella sua interezza (anche misteriosa, non nota né disvelata).
Accoglierlo e in-trattenersi (reciprocamente) in uno spazio-tempo condiviso e dedicato.
Un luogo di accettazione senza giudizio.
Un momento che è sosta e cammino, contemporaneamente.
L’esperienza dell’ascolto – in pratica – ha molto a che… vedere con l’arte di abbracciare.
Solo nell’abbandono di sé, nell’affidarsi, e nello speculare con-tenere… solo nell’ospitalità reciprocamente offerta emerge la relazione vera.
Un riconoscimento tra pari.
Un dare e ricevere, esattamente come nel ritratto.
I miei ritratti fotografici sono ritratti di donne.
Ritratti di madonne.
Le ‘mie’ donne.
Moderne madonne capaci di accogliere e accogliersi.
Madonne capaci di dare e di darsi, ma anche di chiedere, esigere.
Rispetto, dignità, ascolto.
Questi ritratti di donne sono stati scattati a Loving the Mother Italy 2015, un’occasione unica per ostetriche, doule, madri, figlie e donne in generale per confrontarsi sui temi e le pratiche della gestazione, della nascita gentile e della cura anzitutto di sé.
Un laboratorio attivo di femminilità cosciente. A settembre la nuova edizione.
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* Divampata in quest’ultima settimana sui social network, la campagna #bastatacere: la madri hanno voce (sulla falsariga di #breakthesilence, promosso a livello internazionale da Human Rights in Childbirth) mette a nudo un certo rapporto abusante (che non è sempre e non è ovunque, ma è purtroppo diffuso) tra protocolli ospedalieri e nascita, sollevando una questione delicata e scottante: la violenza ostetrica.
Nel pieno rispetto del sapere scientifico e dei ruoli, nonché conscia del privilegio che ho di vivere in una porzione di mondo ove la sanità è pubblica e facilmente accessibile, io sostengo la campagna #bastatacere.
E non perché pretendo di saperne più di medici e ostetriche, né perché son certa che la donna sappia sempre e ‘per sua natura’ che cosa sia meglio per sé e per il suo bambino.
Perché sostengo la campagna #bastatacere?
Perché sapere è potere e, soprattutto, è poter scegliere.
E le donne hanno – devono avere – il diritto di essere informate e interpellate, per poter scegliere quando si tratta del proprio corpo, della gravidanza e del parto.
Difficile riuscirci da sole in un momento come quello del parto, di forte cambiamento, destabilizzazione e – quindi – di maggiore fragilità… Fragilità che – attenzione! – non è debolezza, bensì ‘maggiore facilità a rompersi’.
E io, con oltre ventimila altre donne, mi sono rotta eccome! Mi sono rotta di far finta che «se è andata così è perché così doveva essere».
Io ho un sorriso sulla pancia sofferto e un VBAC fortemente voluto alle spalle.
Due splendide figlie e un marito coraggioso accanto.
Tante donne intorno e il futuro.
E per il futuro è essenziale l’ascolto.
L’abbraccio, l’accoglienza, l’unione. Che dà la forza.
Ecco perché io sostengo la campagna #bastatacere!
Perché esigo che il mondo ospedaliero rispetti la dignità delle donne (e non solo!) e ascolti.
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12 Maggio 2016 at 17:42[…] inutili interferenze. Il che non significa necessariamente da sole… È che basterebbe un semplice sostegno (ad esempio quello offerto gratuitamente da La Leche League). Ossia quella particolare forma di […]
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