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Io mi sono scocciata – il libro

Dopo due anni di campagna sul web con la Women in White – Society di Como, #NoiCiSiamoScocciate è diventato un libro, che raccoglie le storie di ordinario sessismo, le fotografie ma anche una serie di contributi teorici e il reportage della vita associativa di questi anni.

Frutto di un lavoro congiunto, certosino e coraggioso, il libro verrà presentato in occasione della Giornata internazionale della donna, venerdì 8 marzo 2019 dalle 18.00 alle 19.30, presso le splendide sale di Villa Bernasconi a Cernobbio.
L’evento prevede anche un laboratorio di scrittura poetica, da me condotto, e una suggestione teatrale.

L’ingresso è gratuito, ma è necessario prenotarsi QUI.
A seguire l’aperitivo, offerto a chi ha sostenuto la campagna di crowdfounding

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«Non c’è più grande agonia che celare in sé una storia non raccontata.»
Maya Angelou

Questa avventura collettiva mi riguarda per diversi motivi.
Fotografie, scotch, redazione del libro (con lo studio allegropanico), presentazioni, laboratori…

Tre anni di attività per dire #IoNonCiSto a una cultura sessista, discriminatoria e violenta che, purtroppo, oggi sembra prosperare, invece che cedere.
Lungi dall’essere una sconfitta, direi che è una ragione in più per continuare a lottare, a lavorare e a raccontare.
Per cambiare il mondo!

PERCHÉ LA CAMPAGNA E IL LIBRO IO MI SONO SCOCCIATA?

«In ogni cosa è salutare, di tanto in tanto, mettere un
punto interrogativo a ciò che a lungo si era dato per scontato.»
Bertrand Russell

Una cultura che si regge sul silenzio, sui segreti e sulla vergogna che li mantiene in vita non è vera cultura, bensì prigionia.
 Il sessismo ha svariate vesti, che vanno dalla battuta da osteria all’abuso sessuale, passando per etichette e strumentalizzazioni sostenute da un linguaggio povero e poveramente usato. Ma sempre, in ogni sua forma, è un recinto che imprigiona donne e uomini, privandoli della libertà e della responsabilità di essere se stessi.
Che fare, dunque, per liberarsi, per affrancarsi da stereotipi, marchi e stigmate?

 

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L’esercizio della parola come parto della verità


L’idea che nacque due anni fa fu di inventare un simbolo che fosse anche un gesto.
Uno scotch con la scritta Sessista? che, da un’indignazione iniziale, invitasse alla reazione, ma anche alla riflessione critica e alla messa in discussione dell’intero sistema di comunicazione e relazione in cui siamo immersi quotidianamente e sistematicamente.
Oltre a tale oggetto comunicativo, nacquero l’hashtag #NoiCiSiamoScocciate e la campagna omonima che invitava a dare corpo e voce a piccole o grandi storie di ordinario sessismo. #RaccontiamoPerCambiareIlMondo era ed è tuttora il principio in base al quale abbiamo dapprima portato avanti la campagna e, poi, progettato questo libro.
Rompere il silenzio, dunque, e farlo insieme: per darci coraggio reciproco.
Per camminare insieme.
Come altre campagne, #NoiCiSiamoScocciate ha offerto l’opportunità di un coinvolgimento diretto ma protetto a diverse decine di persone: soprattutto donne, ma non solo. E si è fatta voce collettiva di un disagio diffuso.
La proposta è sempre stata apparentemente semplice: raccontare una vicenda personale inerente a una forma di sessismo, firmarla con le iniziali e la propria professione (o un analogo) e accompagnarla da uno scatto ‘scocciato’ (non necessariamente con il nastro adesivo dell’associazione e non necessariamente un’immagine riconoscibile).

L’accoglienza è stata da subito e sempre molto calorosa. Non penso di averne parlato con nessuna che non si sia detta subito coinvolta, partecipe e a favore.
Eppure.
La partecipazione effettiva non è stata immediata né virale.
Al punto che, ben presto, ci è giunta richiesta di supportare le partecipanti nella stesura dei testi o, più spesso, nella realizzazione dell’immagine.
Come a dire: la storia ce l’ho, eccome, ma come la racconto? Come faccio a mettermi in gioco, mettendoci anche la faccia (o preservando un anonimato, a volte doveroso)?

 

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L’arte maieutica del far venire alla luce

Io, come ideatrice della campagna insieme al direttivo della Women in White – Society, come donna ma soprattutto come fotografa, a un certo punto mi sono accorta che ciò che avevamo davvero smosso e messo in evidenza era anzitutto un bisogno d’ascolto.
Ciò che molte persone in questi due anni hanno chiesto all’associazione (e restituito alla campagna #NoiCiSiamoScocciate) è stato ottenere uno sguardo nuovo su di sé. Compartecipe.
Come se il coraggio potesse scaturire solo da un’accoglienza senza giudizio.
Che è vero.
Ed è stato allora che il racconto e il volto (o ciò che sta per esso) sono venuti alla luce. Della fotocamera e della pubblicazione (dapprima online, sul sito delle WiWs, e oggi in un libro).

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C’era una volta una bambina…

C’è stata la vicenda di una di queste storie, in particolare, che mi ha aperto gli occhi e donato una prospettiva nuova su tutta la campagna e, chissà, sul futuro dell’associazione e del nostro intervento nel mondo.
Si tratta di una storia di violenza, che è giunta a noi inaspettatamente e dolorosamente. Una storia che ha richiesto un lavoro molto delicato per venire alla luce.
L’autrice ci consegnò il testo e ci diede carta bianca sull’immagine che lo avrebbe accompagnato e che, lo davamo tutte per scontato, non avrebbe ritratto lei in alcun modo.
Poi però il dubbio (sempre un ottimo compagno!). E se, invece, la via da percorrere fosse un’altra? E se avessimo trovato il modo di coniugare presenza e privacy?
Mi era infatti balenata l’idea di ri-fotografare un’immagine strappata e poi amorevolmente rimessa insieme con dello scotch trasparente: una sorta di ‘saldatura preziosa’ come nel kintsugi, l’antica pratica giapponese di restauro della ceramica che, invece di nascondere, valorizza la crepa ricomposta. Come a dire: anche dopo la rottura più feroce è possibile ricucire un’integrità.
Ovviamente avrei potuto utilizzare qualunque immagine, ma…
Se solo l’autrice avesse potuto e voluto mandarmi una ‘sua’ foto, sarebbe stato tanto più significativo.
E per ‘sua’, io avevo in mente molte possibilità di scelta: sua perché l’avete scattata lei, o sua perché la raffigurasse, magari di spalle, magari solo per una porzione di sé, magari del viso, sorridente.
La sua risposta fu folgorante.
Tempo qualche ora e ricevetti lo scatto: il suo occhio. Aperto, vigile.
La richiesta era chiara: ricomporre un’apertura possibile sul mondo.

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Di poiesis e polis

L’effetto positivo di quella elaborazione fotografica mi ha fatto molto riflettere sulla campagna che volgeva ormai al termine e mi ha ispirata a vedere in quella storia una svolta. Fin a quel momento, come WiWs, avevamo detto no, #IoNonCiSto.
Da lì in poi, volendo, avremmo potuto cominciare a dire anche sì, #IoCiSto, a patto che questo avesse senso.
E il senso, mi parve allora e lo confermo tuttora, risiede nell’attivare uno sguardo curativo e costruttivo. Poetico, letteralmente. Solamente così è possibile, davvero, trasformare il mondo. Poeticamente. Raccontando, condividendo e prendendosi cura. Anzitutto di sé.

E poi? Poi c’è l’altro lato della medaglia, quello politico.
Sempre inteso alla lettera, riguarda un senso pubblico dell’agire e un’assunzione di responsabilità data dall’essere tutte e tutti cittadini, sempre e anzitutto del mondo. Come disse Virginia Woolf, «la mia terra è il mondo intero.»
Ma questa è un’altra storia.
Una storia che deve aprirsi e contagiare, per non morire soffocata.
Che è poi l’invito con cui si chiude il libro e che tutte noi della Women in White – Society vorremmo estendere a tutti e ciascuno. Oggi, nel 2019, a voce più alta che mai.

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……….

Il mio ringraziamento personale va a chi, in questi due anni, si è fidata e affidata.

E a chi ha voluto mettersi così in gioco da dire anche #IoMiSonoScocciato.
Ed è così, insieme, che io ci vedo trasformare il mondo. A partire da qui.

 

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