
IL VALORE DI UN DONO
Ormai da diversi anni, quando penso a un dono per qualcuno non penso a che cosa posso comprare ma, anzitutto, a che cosa posso fare.
Un po’ per indole (artigiana), un po’ per cultura (mai sentito parlare di decrescita?), mi è ormai chiaro che l’essenza di un dono è il tempo!
Tempo che è progettazione: ossia riflessione e ideazione di qualcosa di particolare, dedicato.
Tempo che è cura: ossia dedizione sia alla persona (alla quale è destinato il dono) sia all’oggetto (e alla sua effettiva realizzazione).
Tempo che è valore, in sé.
Perché se un dono è percepito come merce di scambio o mercanzia, e come dovere, perde tutto il suo significato che, invece, risiede nella relazione, nella comunicazione e nella gratuità.
Che cosa significa donare?
Etimologicamente, ‘dono’ deriva dalla radice del verbo dare; mitologicamente è legato al culto della Madre Terra (Demetra*), dispensatrice di vita; antropologicamente è la base di uno scambio che, costruendo legami sociali, costruisce la pace.
A differenza del regalo (da regalia, ossia ‘privilegio del Re’), che porta in sé un senso di ricompensa dovuta o di scambio interessato, il dono vero e proprio è una sorta di esternazione di sé, un consegnarsi all’altro. Un profondo atto di fiducia.
E allora io mi rifiuto di andarlo a comprare prefabbricato e omologato!
Donare tempo e creatività
Ecco quindi che l’alternativa è nell’investimento del proprio tempo, della propria creatività, dell’affetto e della cura dedicate a quella persona in particolare…
L’alternativa è… fantastica (anche perché ci vuole fantasia!) e… coraggiosa (perché viene dal cuore).
Qualche esempio: per un bambino o una bambina vivaci e socievoli? Un copricapo da indiani per giocare con gli amici (bastano una striscia di cuoio, qualche perlina e delle piume). Per una bimba o un bimbo appassionati di macchinine? Una scatola-pista per contenerle e per giocarci (basta modificare una scatola di scarpe: quelle vecchie delle Converse sono già… smontabili!).
Ormai le mie figlie lo sanno: c’è un compleanno? E allora c’è da inventare, progettare, fare!
Insieme.
Che è poi anche un bel modo di fare famiglia.
Donare fotografie e stampe: tra memoria e cura
Ma cosa c’entra tutto questo con la fotografia?
C’entra, c’entra eccome.
Perché una fotografia, secondo me, è un particolarissimo tipo di dono.
Soprattutto se stampata (meglio se a regola d’arte: di qualità e durevole nel tempo) e confezionata (con un packaging anche semplice, ma altrettanto curato e dedicato).
In virtù della sua capacità di richiamare in vita emozioni, sensazioni e ricordi passati, la fotografia ha un rapporto speciale sia con il tempo (cristallizzato e rivivibile) sia con la cura (la custodia della memoria).
Non a caso ci vogliono tempo e cura per produrre un’immagine di valore; ma anche per svilupparla e metterla… in scena (in un album, con una cornice, su un biglietto…); nonché per godersela.
E allora fare fotografie significa (anche) donare.
Dedicare tempo e cura alla salvaguardia della memoria emozionale di qualcuno, cui restituirla.
E tu? Che cosa ne pensi? Che cosa fai?
Condividiamo!
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*Per un’interpretazione fotografica in light painting di Demetra e delle altre Dee archetipiche del pantheon greco-romani, segui il mio progetto Di Donne e di Dee.
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