
Della fotografia newborn (alternative ai ‘neonati impacchettati’)
Quando mi chiedono se fotografo i neonati, un brivido – sempre – mi percorre la schiena!
– Come gliela spiego, ora, la mia posizione al riguardo?
Certo che li fotografo i neonati, e con estremo piacere.
Ma a precisissime e ‘stranissime’ condizioni (stranissime per l’immaginario collettivo, non in sé):
1. Li vorrei liberi (di fare ciò che necessitano, quando e come desiderano).
2. Li vorrei il più possibile ‘contenuti’ tra le braccia della madre (o del padre, o dei fratelli e sorelle).
3. Li vorrei ‘naturali’ (come abbigliamento, ambiente e luce).
A ben vedere, le mie ‘strane condizioni’ nell’affrontare la fotografia newborn si riassumono in un’unica tassativa regola: Vorrei ritrarre i neonati (e non solo loro) come le persone che sono (già!).
Quindi senza interferire troppo con il delicatissimo e dolcissimo momento della vita che stanno vivendo insieme alla loro famiglia, mi piace mettermi in ascolto, osservare e aspettare. Finché le fotografie… arrivano.
Fotografie ‘di vita’, silenziose, discrete.
Fotografie che nascono dalla condivisione (sottovoce) di tempi e spazi di un bimbo anzitutto con la sua mamma (e, nel caso, con il resto della famiglia).
Fotografie che sono piccoli pezzi di una storia d’amore appena nata (ché, quando nasce un bambino, nasce anche un genitore!).
Fotografie che spesso NON pubblico, perché, nel rispetto della privacy di bimbi e famiglie, non sempre e non tutto va esibito on line!
Le motivazioni per questa mia scelta sono svariate: alcune personali, altre stilistiche, altre ancora… ontologiche.
Personalmente non ho alcun interesse nella messa in scena di un bimbo impacchettato come se fosse un cesto di frutta… Al di là e prima di ogni altra considerazione, non muove il mio sentire!
Non stimola la mia creatività.
Stilisticamente io fotografo perché mi interessa restituire alla gente porzioni di ricordi emotivamente salienti e formalmente ben composti.
Fotografo per raccontare pezzi di vita, alla ricerca della schiettezza e della sincerità di gesti e sguardi.
Se costruissi il set, se mettessi il bimbo o la bimba in posa, se lo agghindassi con buffi accessori, se ricomponessi in photoshop pose innaturali, se, se, se…
Che storia mi rimarrebbe da raccontare? Nessuna.
Ma io amo raccontare storie e fotografo per questo!
Ontologicamente (ossia sul fronte squisitamente essenziale, a livello dell’essere di cose e persone), poi, non riesco a non tematizzare – nel ritratto di persona – la persona, appunto.
L’identità unica di ciascuno, la relazione con l’altro, la soggettività.
Io, se fossi un bimbo appena nato, vorrei essere trattato così: come soggetto, non come oggetto.
Quindi io, che sono fotografa (anche) di bimbi appena nati, li fotografo così!
Sia chiaro, e lo dico con estrema tranquillità e serietà, la mia è una scelta di campo.
Non dico che sia l’unico modo di fare fotografia newborn, dico che io la intendo e pratico così*.
Che poi, sia detto per inciso, non ogni fotografo è uguale all’altro, anzi, c’è modo e modo di farlo e ci sono decine e decine di lavori diversi che vanno sotto il nome di fotografia… ne riparleremo ma, per me, i fotografi son come gli automezzi: ciascuno è adatto a scopi diversi e va assunto per compiti diversi; ciascuno ha competenze diverse e, spesso, costi diversi!
Al cliente spetta l’onere e l’onore di capire ciò che desidera e chi possa offrirgli il servizio più adatto!
………………………………………………….
* Di recente – in realtà – ho introdotto una nuova, particolarissima tecnica, potente e gentile.
Si chiama light painting: adatta sia per ritratti singoli, di coppia, di pancia e con neonati.
Al buio, accarezzati dalla luce, si ri-nasce. Nella bellezza!
Provare per credere.
Preventivi su richiesta.
Nessun Commento