MISERERE VOBIS

QUESTO IL MIO CORPO,
QUESTO IL MIO SANGUE

Serie di tre fotografie in light painting.
Stampe giclée numerate, tiratura 25 copie.
Cornici e vetro museale su richiesta.

Sovvertire una prospettiva.

Realizzata per la Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne (25 novembre) del 2016 (ma esposta solo l’anno dopo, insieme a La danza e Fenice), questa serie nasce da una riflessione sul tema dell’innocenza.

Per definizione ‘non colpevole’, l’innocente non ha commesso alcun male ma, spesso, lo subisce a causa della sua stessa ingenuità, del suo candore.
E si fa vittima immolata alla ‘divinità’: domestica, del padre-padrone; o sociale, del predatore o del branco.
(I) Prendete e mangiate – questo è il mio corpo
(II) Prendete e bevete – questo è il mio sangue
E se nella tradizione cristiana la vittima sacrificale per antonomasia è Gesù Cristo, votato però alla resurrezione, nella sequela di vittime incolpevoli che oggi chiamiamo femminicidio, l’innocenza è reale, il destino ultimo è atroce, l’ingiustizia è sociale.
Testimoni attoniti della strage, tutti noi siamo corresponsabili di una cultura prevaricatrice che non solo ammette ma, talvolta, avalla lo sguardo predatorio e il gesto violento sul corpo dell’innocente.
Spesso donna. Con l’unica ‘colpa’ di esserlo. Innocente ma donna.
Femmina, sorella, amica, amante, collega, figlia, madre…
E allora? Ciò che resta all’innocente vittima pare essere solo un gemito:  ‘povera me’…
Magari in grado di farsi anatema: ‘poveri voi’!
(III) Miserere Vobis

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Ma.
Se sovvertissimo la prospettiva?
Se, invece di ragionare nel nome del Padre, ragionassimo nel nome della Madre? E se la donna di questa serie fotografica non fosse qui a lamentare il proprio presunto status di vittima, bensì ad attestare – fiera – l’integrità del suo essere?
(I) Prendete e mangiate? Questo è il mio corpo!
Un corpo vulnerabile, certo, ma inviolabile.
Un corpo che è mio, anzi, che è me.
(II) Prendete e bevete? Questo è il mio sangue!
Un sangue che scorre nelle nostre vene e tra le nostre gambe di donne da sempre e per sempre: un sangue che dà la vita, letteralmente.
(III) Miserere Vobis
Poveri e povere voi che ancora faticate a riconoscerlo: le donne stanno rialzando la testa.
Solo così l’anatema può trasformarsi in augurio: che la pietà si faccia partecipazione a un destino che non è mai di un singolo individuo, ma dell’intera umanità. E che può essere cambiato.

Sovvertiamo la prospettiva.