COMO 2020: la mostra che non c’è
ma che tutti e tutte possono vedere
INDICIBILE II – Virtualmente non autorizzata è la mostra fotografica ‘finta’ lanciata a Como in occasione del 25 novembre 2020 dalla fotografa e filosofa Alle Bonicalzi.
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L’idea nasce dal connubio tra una serie fotografica che esiste eccome (ed è qui) e l’impossibilità attuale di esporre e creare eventi in presenza, a causa della pandemia e del conseguente DPCM del 4 novembre (nonché dalla mancanza cronica di fondi per la cultura!).
Il materiale originale consta di 58 immagini (INDICIBILE – Il coraggio di rompere il silenzio) + 1 (INDICIBILE II – Sulla bocca di tutti e tutte), prodotte nell’arco di un anno: i primi 12 esemplari, infatti, sono stati esposti in anteprima nel 2019 al Teatro Sociale di Como e al San Teodoro di Cantù.
Quindi il materiale c’è ma non lo si può esporre; e se anche fosse esposto nessuno e nessuna potrebbe vederlo…
Da sempre, per me, la destinazione naturale di #Indicibile sarebbe stata una esposizione di grandi dimensioni e diffusa, all’aperto, con le immagini stampate come poster e attaccate ai muri al posto delle pubblicità, a invadere lo spazio collettivo e imporsi allo sguardo anche distratto di chi passa, come a chiamarci in causa tutti/e e ciascuno/a. Inesorabilmente. (Alle Bonicalzi)
Allora perché non organizzare un’esposizione fake?
FINTO NON SIGNIFICA FALSO
Non solo virtuale, attenzione, ma neanche ‘falsa’… proprio ‘finta’.
Anzi, meglio: artefatta (nel duplice senso di ‘manomessa’ e ‘fatta ad arte’).
Di qui il progetto che ha portato a questo sito e all’esperienza che se ne può fare.
Vedere Como tappezzata con le 59 opere di Indicibile!
Appena prima del blocco per il lockdown ho fotografato svariati luoghi di Como che ospitano cartelli pubblicitari e ne ho sostituito digitalmente il contenuto con le opere della serie fotografica! Quindi ho reso pubblico questo materiale attraverso i media (questo sito, giornali, radio e social): che è poi il modo in cui facciamo esperienza (reale!) di sempre più cose che riguardano la nostra vita.
Ma come ‘funziona’?
VIRTUALE è REALE, SE CONDIVISO
Ma se la mostra non c’è e se nessuno avrebbe comunque potuto uscire a vederla, come ‘funziona’?
Funziona se se ne parla, se la si vede ‘altrove’ (e comunque), se la si fruisce e condivide mediaticamente!
Perché mai come oggi è vero, che «virtuale è reale» ma – aggiungo io – virtuale è reale se condiviso.
Ecco perché l’invito a condividere questa esperienza sui social (Facebook e Instagram, ma anche semplicemente via Whatsapp), a farne motivo di ispirazione e di riflessione.
Ecco perché c’è una pagina dedicata ai commenti alla mostra: ogni feedback, ogni condivisione e tematizzazione, ogni contributo è non solo prezioso ma parte integrante di questo progetto e di questa mostra.
Vedere l’invisibile, dire l’indicibile
Inoltre il cortocircuito alla base del progetto (la mostra c’è e non c’è… c’è, ma non si vede, tranne che in foto) richiama e rilancia il cortocircuito alla base della serie fotografica (‘indicibile’ non è la violenza sulle donne bensì «l’indignazione di fronte al silenzio mortifero di un’intera società che osa chiedere conto alle vittime invece che ai carnefici») che, a sua volta, si fonda sul cortocircuito socio-culturale per cui la violenza è sotto gli occhi di tutti/e ma nessuno/a pare vederla o, se la vede, tace!
La risposta, quindi, è il coraggio di rompere il silenzio (come recita il sottotitolo della serie originale).
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SCARICA IL PDF QUI
In caso di violenza subìta o assistita
chiama il 1522
a qualsiasi ora, da qualsiasi telefono – è il numero nazionale anti violenza e stalking: è gratuito e garantisce il massimo anonimato.
La violenza domestica al tempo del Coronavirus
La pandemia in corso disegna la sua presenza sui nostri volti, parzialmente oscurati ma anche paradossalmente accentuati dall’uso delle mascherine. La dialettica nascondimento-disvelamento del volto è decisiva per ciò che riguarda la definizione di sé, l’autodeterminazione e, in ultima analisi, il sostentamento stesso dell’identità personale.
Complice il divieto di uscire di casa, durante la stretta del lockdown (marzo-maggio 2020) sono aumentati i casi di violenza domestica.
Inoltre si è fatta evidente la difficoltà sia di denunciare sia di garantire un’adeguata protezione successiva.
È una questione di diritti umani.
In Italia, in Europa, nel mondo
I dati ISTAT evidenziano che in Italia il 31,5% delle donne ha subìto nel corso della propria vita una qualche forma di violenza fisica o sessuale. Le forme più gravi di violenza sono esercitate da partner, parenti o amici. Il 43,9% degli omicidi di donne sono commessi da un partner. […] (fonte: www.salute.gov.it)
Nel periodo marzo-maggio 2020 sono pervenute ai centri antiviolenza quasi il doppio delle richieste di aiuto rispetto allo stesso periodo del 2019 e dell’analogo 2018. Malgrado l’aumento delle chiamate di aiuto al 1522, tuttavia, al periodo di lockdown non corrisponde invece un aumento delle denunce alle forze dell’ordine. Le donne nel primo quadrimestre 2020 sono state uccise nel 60% dei casi da un partner, 21 donne, con una percentuale del tutto uguale a quella del 2019. (fonte: www.istat.it).
La crescita delle richieste di aiuto tramite chat è quintuplicata passando da 417 a 2.666 messaggi totali. I dati mostrano infatti che la maggior parte delle chiamate giunte in questi mesi di pandemia non ha riguardato episodi nuovi, inediti. 4.236 chiamate hanno raccolto i racconti di persone che da anni vivono violenza in casa. Si tratta del doppio delle chiamate ricevute per lo stesso motivo nel 2019. Le denunce vere e proprie sono state 695, mentre 4.738 hanno preferito non farlo, e 164 hanno denunciato e poi ritirato la denuncia. (fonte: www.infodata.ilsole24ore.com)
E la situazione non è diversa in altri stati dell’Unione Europea. I dati dimostrano che la politica di isolamento e reclusione porta a un aumento dei livelli di violenza domestica, sessuale e di genere. Occorre prestare attenzione anche ai possibili effetti a lungo termine della pandemia sull’equilibrio tra vita professionale e personale e sull’indipendenza economica delle donne, poiché potrebbe costringere molte di loro a compiere scelte difficili e a passare a un lavoro non retribuito. (fonte: www.coe.int)
Il problema è globale. Dallo scoppio della COVID-19, i dati emergenti da coloro che sono in prima linea hanno dimostrato che tutti i tipi di violenza contro donne e ragazze, in particolare la violenza domestica, si sono intensificati. La chiamano pandemia-ombra. (fonte: www.unwomen.org)