A Como c’è una mostra che non è una mostra, artefatta (nel senso di fatta ad arte, ma anche di falsificata) ed abusiva anche se non vera. È una mostra che non si può vedere (di persona), ma che è impossibile non vedere (nella quotidianità delle frasi, posti ed oggetti racchiusi in essa). Indicibile, di Alle Bonicalzi, è geniale sotto moltissimi aspetti, ma soprattutto perché porta alla luce, visibile nella propria nuda sostanza, una domanda: e se capitasse a me?
(Sara Sostini – Ecoinformazioni)
Ce lo siamo chieste in tante…
[…] Ce lo siamo chiesto sottovoce negli incontri in cui ci sentivamo a casa […] Ce lo siamo chiesto l’un l’altra quasi di fretta, di sfuggita, cercando di non abbassare gli occhi […] Ce lo siamo chiesto forse ogni volta, nel sottofondo di pensieri distanti, tornando a casa […]
E se capitasse a me?
[…] E se capitasse a me – come è capitato a tante, come continua a capitare?
E se capitasse a me, di incontrare una volontà annichilente in grado di spezzarmi?
E se capitasse a me di ritrovarmi il corpo annullato dagli abusi di altri?
E se capitasse a me di ritrovarmi in gabbia, prigioniera di catene infrangibili proprio perché (quasi) invisibili? […]



Ce la farei a rimettere insieme i pezzi?
[…] ce la farei a sostenere tutto questo, a rimanere in piedi nonostante la marea fangosa dirompente, nonostante i lividi e le ferite più profonde, a prendermi il mio tempo per soffrire e poi guarire, come capita a tante, ma non a tutte? Ce la farei a rimettere insieme i pezzi, ad accettare il fatto che sia successo davvero? Ce la farei a ritornare in un mondo dove potrebbe succedere di nuovo e a chiunque – perché no, non importa com’eri vestita? Ce la farei a tirarmi via le graffette, le spille, i punti, le macchie, gli strappi, i luoghi comuni, le accartocciature ed i tagli che ciascuna di quelle opere porta con sé […]
E se capitasse a te?
[…] finché innocuo verrà scritto con la Q di qualunquismo, quisquilie e «è stato un piccolo qui pro quo», finché la donna di Alle, vilipesa, derisa, soffocata, messa a tacere, alienata, cucita all’interno di se stessa, non potrà uscire dalla fotografia per parlarvi di persona, finché non riusciremo a guardarci negli occhi davvero senza indietreggiare ci sarà bisogno di un giorno lungo come tutto l’anno per fermarci e rivolgere a chiunque sia intorno a noi [la domanda]: e se capitasse a te?
Alle [ha] sapientemente inserito i propri lavori, un po’ ovunque nel mondo: […] indicibili fotografie incollate abusivamente (si fa per dire) su altre fotografie, vestendo i luoghi della quotidianità comasca di denunce impossibili da non notare.
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