
DI FOTOGRAFIA E ANTI-SESSISMO ALLA FIERA DEL LIBRO DI COMO
Dopo la campagna #NoiCiSiamoScocciate, il nastro adesivo e l’azione associativa degli anni 2016-2018 con Women in White – Society, il libro fotografico Io mi sono scocciata – Storie di ordinario sessismo è stato presentato ieri alla Fiera del Libro di Como. Qui il mio discorso e un compito per tutti e tutte. Nominare (anche) il femminile.
Dopo il #RaccontiamoPerCambiareIlMondo…
Da oggi, nominiamo (sempre e/o sempre più) anche il mondo femminile (e le minoranze).
Compito perfetto per chi ama la lingua: cioè certamente per chi ha visitato la Fiera del Libro di Como in questi giorni.
Prima ancora della violenza fisica (terribile ma anche esplicita, evidente) tanta violenza contro le donne (e le minoranze) passa attraverso il linguaggio: detto e non detto. Una violenza più subdola e quindi difficile da riconoscere. Ma è questo il compito cui vorrei chiamarci oggi.
Riconoscere, dire e capire. Per agire.

Lo spazio per le presentazioni alla Fiera del libro di Como – Edizione 2019
LA RESPONSABILITÀ DEL LINGUAGGIO
Il linguaggio non è neutro.
Il maschile non è neutro, ma troppo spesso assorbe (e cancella) il femminile.
Ma è uno strumento molto potente per dare forma al pensiero.
Dire la realtà è porla in-essere.
Di qui la nostra responsabilità.
Tutte le riprese sono di Gianpaolo Rosso – Ecoiformazioni (grazie!)
Noi siamo fortunati ad essere qui oggi [alla fiera del libro].
Tutti noi amiamo i libri e le parole e siamo qui.
Fortunati, appunto.
Tuttavia, io, Paola [Minussi], Cristina [Quarti] e tutte le donne presenti siamo fortunate, non fortunati.
Eppure questa nostra fortuna non viene detta.
È inclusa – ci dicono – nel maschile plurale.
Più che inclusa, fattivamente, è però silenziata.
Proviamo a pensarci.
E cominciamo a nominare esplicitamente (anche) il femminile.

Sul palco, da sinistra: Cristina Quarti (attrice), Paola Minussi (presidente WiWs), Alle Bonicalzi (fotografa).
COSA SIGNIFICA NOMINARE IL FEMMINILE?
Nominare (anche) il mondo femminile significa:
• Declinare cariche e lavori come da grammatica (non bisogna inventarsi nulla… solo abituarsi).
• Notare, tra l’altro, che la difficoltà (apparente) è solo per cariche di potere (sindaca, assessore, avvocata): sui lavori umili, il femminile non ha difficoltà ad essere nominato…
Senza parlare poi del ‘bizzarro caso della dottoressa’ che in origine, lungi dal nominare le competenze di una donna, esperta in medicina, ne segnalava semplicemente il matrimonio: moglie di un medico!
Non ci si stupisca che oggi questo suffisso non sia amato.
Non ci si opponga al fatto che al la presidente di una associazione o giuria non abbia alcun desiderio né bisogno d’essere presidentessa. Ma di avere l’articolo al femminile, sì. Di questo c’è bisogno.
• Chiamare le cose con il loro nome: a partire dagli organi sessuali (la precisione e il rigetto del tabù sono importanti per bambini e bambine)… per arrivare alla cultura dello stupro (non si uccide ‘per amore’, mai!).
La violenza sessuale è l’unico reato in cui la vittima deve giustificarsi per averlo subìto.
Paola Di Nicola, giudice
• Sperimentare l’inclusività esplicita: carissimi e carissime, bambini e bambine…
In ogni tipo di comunicazione (sicuramente istituzionale – amministrazioni, eventi pubblici come questo, libri di testo… – ma anche informale – nelle nostre famiglie, ad esempio, con i nostri figli e figlie –).
• Allenarsi a riconoscere il sessismo della comunicazione audiovisiva (TV, internet, social), imparare a nominarlo (ad alta voce e in pubblico) e farsi carico della sua decodifica con le categorie più deboli (bambini e bambine anzitutto, ma anche adolescenti e anziani).
• Allenarsi a rispondere (a voce alta e anche in pubblico) a battute e comportamenti sessisti.
L’ESERCIZIO DEL LINGUAGGIO ANTI-SESSISTA
Da oggi, carissimi e carissime, vi lascio con un compito: alleniamoci a dire (anche) il femminile.
A casa, sul lavoro, per strada, nel tempo libero e nelle occasioni sociali: diamo voce esplicita a tutti e tutte.
È davvero e solo una questione di esercizio.
All’inizio suona strano, cacofonico o ridondante. Sicuramente rallenta.
Ma è solo questione di abitudine.
Una buona abitudine da esercitare – come la democrazia – nel duplice senso di allenarla e attuarla.
Acquisito un linguaggio anti-sessista, esso va infatti agito.
Perché non basta dirsi non-sessisti.
Bisogna essere anti-sessisti.
Insieme. Uomini e donne.
CONTRO OGNI DISCRIMINAZIONE
Va da sé che, se il sessismo è una discriminazione e perciò va combattuto, anche ogni altra discriminazione merita il medesimo trattamento: così come è inaccettabile una penalizzazione basata sulle differenze di genere (il sessismo, appunto), altrettanto lo sono distinzioni arbitrarie e segreganti basate sull’età, sul colore della pelle, sull’orientamento sessuale, sulla posizione sociale o sulla provenienza geografica.
E se non sono ammissibili, non dovrebbero nemmeno essere dicibili… ma la libertà di parola è vitale per un contesto democratico quale il nostro… e allora, bisogna sviluppare – insieme – gli anticorpi sociali e civili adatti: a partire dalla dicibilità del dissenso.
Siamo testimoni attivi del progresso!
Nominiamo il femminile per chiamarlo in causa.
Diamo la parola alla differenza.
Diamo voce al mondo sommerso delle identità non prevaricanti (per numero, ricchezza o forza che sia).

#RaccontiamoPerCambiareIlMondo
Una parola alla volta.
Il prossimo appuntamento per presentare il libro
Io mi sono scocciata – Storie di ordinario sessismo
è per sabato 25 ottobre 2019 alle 19,30
presso il teatro Ygramul a Roma.
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